domenica 25 gennaio 2015

La fiala

Titolo: La fiala
Fandom: Haven
Prompt: Duke Crocker/Nathan Wuornos: Duke è venuto in possesso di una fiala che annulla i problemi per 24 ore e decide di provarla con Nathan.
Parole: 2919 WPS Office

Nathan non riusciva a distogliere lo sguardo da quella piccola fiala. Non era in grado di realizzare che un semplice medicinale come quello fosse in grado di annullare i problemi per ventiquattro, come gli era stato detto da Duke, quando poco prima gliel’aveva consegnata in mano,
«Duke» Dubitava della sua efficacia, non che non volesse credere alle sue parole, ma non aveva mai sentito parlare di qualcosa che fosse in grado di bloccare quelle maledizioni, almeno non temporaneamente «Sei sicuro che funzioni?»
«No» rispose alla domanda del compagno «ma provare non costa nulla»

Gli sembrava alquanto improbabile che un semplice farmaco fosse dotato di un potere del genere, ma alla fine ricordando tutte le situazioni assurde in cui si era cacciato in quegli ultimi anni, quell’ipotesi alla fine non era così improbabile.
Voleva credere che quel liquido fosse in grado di aiutarlo, ma aveva dei timori, paura che non funzionasse, che quel suo problema gli avrebbe ancora impedito do sentire e di percepire qualsiasi sensazione.
Tutte quello gli era negato e soffriva per questo, in silenzio, senza far notare a nessuno la sua sofferenza.
C’era solo una persona che era in grado di percepire, un’unica donna sulla faccia della terra che era un grado di dargli tutto quello, Audrey Parker colei immune a qualsiasi problema compreso il suo. Certo era qualcosa, ma a lui non bastava, voleva tutto, desiderava percepire qualsiasi corpo e non solo la sua partner, e volta che quella sua maledizione non fosse mai esistita.
Quella fiala anche se per poco tempo, sarebbe stata in grado di esaudire quel suo desiderio e pregava con tutto il suo cuore che quel liquido potesse aiutarlo.
                                
Alla fine era proprio come aveva detto Duke, non costava niente e se non avrebbe funzionato, sarebbe rimasto lo stesso uomo, con lo stesso problema, insomma non sarebbe cambiato nulla e la sua insensibilità sarebbe rimasta lì impedendogli di sentire.
Incominciò a sospirare, voleva darsi coraggio per avere la forza necessaria per staccare il tappo di quel piccolo oggetto che stringeva in mano, sperando con tutto se stesso che da lì a poco per ventiquattro ore la sua via sarebbe stata normale come quella di un comune cittadino.
Versò quel liquido nella bocca non sprecandone nemmeno una piccola goccia, aveva intenzione di consumare l’intero flacone di quel magico medicinale.
Nathan non sapeva dire quanti secondi fossero passati, quell’attesa gli sembrava eterna, come se un solo secondo stesse durando cento anni.
Non sentiva differenze, non provare niente, si era anche toccato il volto con la mano ma non percepì nessuna sensazione, il suo problema era ancora attivo.

Non avrebbe mai immaginato di sentire quell’enorme senso di delusione, aveva davvero pensato che quella su patologia non fosse stata lì, che avrebbe potuto vivere normalmente percependo quelle sensazioni che fino a qualche giorno prima erano state solamente un sogno che non avrebbe mai potuto realizzare.
Era inutile desiderare che passasse, era assolutamente certo che non sarebbe stato in grado di sentire nulla. La cosa non faceva che scoraggiarlo e le sue speranze ormai erano talmente flebili da sembrare solamente un miraggio.

«Allora?» Duke notò subito quanto l’altro fosse deluso, glielo leggeva chiaramente in faccia. “Nathan...
Desiderava rimuovere quell’espressione sconfortata, fare qualcosa per lui, confortarlo con un caldo abbraccio per farlo sfogare e rimuovere tutto il dolore che per anni aveva accompagnato le sue giornate, ma cosa avrebbe potuto dirgli? “Vedrai Nathan, tutto si sistemerà” Sapeva che quelle parole sarebbero state inutili, nessuno poteva comprendere quello che in realtà provasse e avrebbe tanto voluto capire quello che aveva passato in tutti quegli anni.
Aveva più volte cercato d’immaginare di essere al posto dell’altro per cercare d’immedesimarsi nell’altro, ma non era ma riuscito fino in fondo a comprendere quei suoi stati d’animo.
Desiderava fare qualcosa, aiutarlo, rimuovere quel problema, ma era certo che se avesse ucciso un parente di Nathan afflitto dalla sua stessa patologia, quest’ultimo non l’avrebbe mai perdonato e odiato per tutta la vita. Ormai conosceva bene il poliziotto ed era certo che non avrebbe accettato quei compromessi, aveva già una volta rinunciato ad avere una vita normale per salvare una ragazza, segno del suo grande cuore e spirito di sacrificio.
L’unica soluzione, anche se provvisoria, risiedeva nel contenuto di quella fiala.
Gli avevano assicurato in tanti della sua efficacia, tutte le persone che l’avevano provata erano rimaste talmente soddisfatte da iniziare a spargere la voce dei poteri di quel miracoloso farmaco.
A quanto pare uno dei nuovi commessi della farmacia di Haven aveva un qualche problema e tutte le fiale mediche che vendeva automaticamente diventavano antidoti temporanei per le maledizioni altrui. Non sapeva quante persone frequentavano solo per quel motivo.
L’aveva comprata apposta per il poliziotto, voleva che almeno per ventiquattro ore potesse sentire, perché in fondo desiderava solo che l’amico potesse essere libero da quel tormento.
“Perché on ha funzionato?” si avvicinò all’altro circondando le sue braccia attorno a quell’insensibile corpo, sapeva che non potesse avvertirle ma sperava che almeno fosse in grado di percepire l’affetto e il calore di quel gesto.

“Duke” pur non essendo in grado di avvertire quelle braccia quel gesto in qualche strano, lo stava confortando più di qualsiasi altra cosa e non c’era dubbio che l’altro fosse un fedele amico e non poté non ricambiare cingendo a sua volta quelle spalle. “quanto vorrei sentirti.”
«Vedrai Nathan, tutto questo prima o poi finirà.» Il tono con cui aveva sussurrato al suo orecchio era cado e aveva qualcosa di calmo, rilassante, dolce, come quello che dovrebbe essere la voce di un proprio caro.
“Duke?” quando sentì quelle parole, avvertì qualcosa risvegliarsi in lui e iniziò a sentire uno strano, piacevole e confortevole calore. “Cos’è?”
Non gli ci volle molto per capire che quello stupendo tepore proveniva dall’uomo che si trovava di fonte.
Quelle braccia che lo stringevano a forte se, le riusciva a sentirle, non sapeva dire per quanto avesse atteso quel giorno e finalmente era giunto, gli sembrava un sogno dal quale non avrebbe più voluto risvegliarsi.
«Duke, sei così caldo.»

Quelle parole erano state pronunciate con una tale dolcezza da sembrare come una dolce melodia che vibrava nell’aria riscaldandogli il cuore che iniziò a martellargli in petto.
“Ha funzionato!” Era stato lui a far assopire quel problema con quel gesto venuto dal suo cuore.
Non era raro vedere problemi che si attivavano all’improvviso dopo determinate situazioni e lui stesso n’era la prova vivente. Duke era certo che valesse anche per il contenuto di quella fiala, che aveva incominciato a far effetto nello stesso istante in cui l’aveva sfiorato.
Voleva toccarlo, accarezzarlo, fargli sentire quelle sensazioni cui aveva dovuto rinunciare per tutto quel tempo.
Con un dito incominciò a sfiorare il su viso toccando delicatamente quella pelle, desiderava fargli provare piacere, travolgerlo con quei caldi gesti, farlo scioglierlo completamente.

Nonostante quello fosse solo un semplice e comune dito, Nathan stava provando sensazioni troppo intense grazie a quei movimenti soffici e vellutati che Duke in quel momento gli stava riservando.
Essere toccato da qualcuno era la cosa più bella del mondo, finalmente stava sentendo quel contatto che tanto gli era mancato e non desiderava altro che continuare ad avvertirlo, non gli importava se fossero state solo ventiquattro ore, voleva solo percepire il calore umano.

Dopo tutti quegli anni era sicuro che quella pelle fosse particolarmente sensibile, in particolare quelle stupende labbra che da anni aveva desiderato baciare. Non ricordava per quanto tempo avesse sognato il giorno in cui finalmente quel suo desiderio si sarebbe realizzato.
Era rimasto praticamente incantato dall’espressione di Nathan, aveva qualcosa di sensuale che non poteva fare a meno di adorare.
Voleva farlo suo, aveva aspettato fin troppo in quegli anni e il desiderio di fare l’amore con lui in quel momento era più forte che mai. Aveva l’occasione giusta voleva approfittarne e se non fosse riuscito in quel suo intento, se ne sarebbe pentito per tutta la vita.

Voleva baciarlo, poggiare le proprie labbra su quelle dell’altro. Aveva sempre trovato quel colore così sensuale e la loro forma estremamente seducente. Erano la più grossa e travolgerete tentazione nel quale si era imbattuto nel lungo corso della sua vita. Per lungo tempo aveva desiderato poggiare la sua bocca su quella di Nathan, l’avevano da sempre richiamato e suscitato su di lui quell’atroce voglia.
Lo fece, senza nemmeno pensare che potesse non ricambiarlo e respingerlo bruscamente. A Duke non importava, voleva solo poter finalmente assaggiare quel delizioso manicaretto che era lì a portata di mano.
Non si sarebbe mai aspettato che lo ricambiasse, ma il modo in cui aveva accettato la sua lingua seguendo quei suoi movimenti gli fece capire quanto gli fosse manato il contatto umano.
Duke non era più in grado di controllarsi, il desiderio aveva preso il sopravvento su tutto, non riusciva a fermare quelle mani che con movimenti frenetici avevano iniziato a sbottonare la leggera camicia a scacchi dell’altro.
Voleva leccare il corpo che per anni aveva bramato e assaporare quella pelle che per troppo tempo aveva desiderato leccare e immergersi in tutta quel seducente meraviglia.
«No!» Una mano di Nathan fermò la sua bloccandola impedendogli quella sua azione «Duke fermati, non possiamo...»
Sapeva che non sarebbe stato facile, ma non poteva arrendersi, non ora che aveva finalmente l’occasione giusta.
«Hai solo ventiquattro ore, no?» Voleva tentarlo sussurrando al suo orecchio sperando che un tono caldo potesse far sciogliere quel corpo così insensibile «Approfittiamone»
Non avrebbe voluto usare quella scusa, ma era l’unico modo per convincere il poliziotto, forse ci potevano essere altre strade, ma quella era  la più veloce, anche se gli sembrava risuonasse come un ricatto.

Che Duke fosse un tipo strano e particolare l’aveva sempre saputo, ma che avesse queste tendenze proprio non l’aveva capito e sopratutto non avrebbe mai immaginato di essere nei suoi desideri sessuali.
«Fermati!» Era inutile continuare ad implorarlo di smetterla, sembrava aver perso completamente l’udito, come se fosse la vittima di qualcuno capace di far perdere le capacità uditive per qualche strano e assurdo problema.
In quel momento era certo che gli avesse dato quella fiala solo per portarselo a letto. Non era il tipo da fare qualcosa di simile senza voler qualcosa in cambio.
Non avrebbe dovuto fidarsi di quell’individuo dalla dubbia moralità, si era fidato troppo facilmente di quelle che sembravano essere buone intenzioni, era stato troppo ingenuo.

Duke lentamente sfilò quell’indumento talmente leggero che scivolò con estrema grazia ai loro piedi.
Nathan in quell’istante si sentiva in trappola, l’altro gli aveva teso una brutta imboscata dal quale non sarebbe riuscito a scappare. Gli pareva di essere la vittima di un predatore, uno di quei grossi animali che con fare famelico si scagliavano su quelle creature indifese che non potevano sfuggire alle grinfie di quell’assalitore.
Non era in grado di resistergli, non ne aveva la forza. Per troppo tempo aveva bramato quel contatto e quelle labbra che avevano iniziato a baciarlo con una passione da far invidia persino alla fame di un lupo che famelico pronto a sbranare la propria vittima.
Si lasciò andare lentamente, in preda a quel crescente desiderio che pervase il suo corpo e prese il sopravvento sulle sue capacità cognitive.

Non avrebbe mai immaginato che Nathan potesse eccitarsi così facilmente, il suo corpo doveva essere davvero sensibile per cadere ai propri piedi così facilmente, solo dopo un paio di appassionanti baci. Il contatto gli doveva essere mancato più di quanto avesse mai pesato.
Voleva donargli il proprio calore per farlo riscaldare in modo che potesse sempre ricordare quella serata e il proprio tepore in modo da lasciare un’impronta indelebile e una volta riattivato il su problema fosse rimasto impresso su quella pelle.
In preda ad una voglia crescente iniziò a sfilare la cintura del ragazzo non vedendo l’ora di poter finalmente ammirare quella meraviglia in tutta la sua interezza, si eccitava già al solo pensiero di vederlo. Le parti basse del poliziotto lo avevano da sempre allettato e resistere a quel richiamo era impossibile.
Nelle sue più oscure fantasie aveva sempre immaginato di masturbarlo, con dei movimenti frenetici con cui l’avrebbe portato a provare il più grosso e intenso piacere che un corpo umano potesse sopportare.
Abbassò i Jeans che indossava assieme alla sua biancheria intima, non resisteva più a quella tentazione, doveva farlo, aveva una sola occasione e non poteva sprecarla.
«Ah» per chiunque sarebbe stato impossibile non gemere in una situazione simile con una mano che si muoveva così velocemente sulla propria elezione «Nhn...»
«Ti piace il mio tocco.» Non era una domanda ma una vera e propria affermazione. «Farò in modo che tu non possa dimenticarlo.»

A Nathan sembrava impossibile che una sola mano potesse fargli provare un piacere di una tale intensità da farlo sentire completamente in balia di quei movimenti frenetici che non gli davano nemmeno un secondo di tregua.
Si sentiva inebriato da quell’incredibile sensazione di ebbrezza che gli percorreva tutto il corpo, la sua mente era completamente paralizzata da quell’oscuro desiderio.
Non aveva la forza di sottrarsi a quelle cade e dolci carezze dell’altro che lo portarono a fargli provare un grosso orgasmo, forse il più intenso che avesse provato da anni.

Nathan aveva da sempre suscitato uno strano effetto su di lui, emanava un qualche fascino al quale non aveva mai potuto resistere. Un desiderio cresciuto per anni che con il tempo non aveva più potuto opprimere, ma finalmente aveva la possibilità di divorarlo, assaporarlo, godere quel meraviglioso e seducente poliziotto che tanto aveva bramato.
Fino a qualche giorno prima la sola idea di poter stare con Nathan gli sembra un sogno lontano e irraggiungibile ma ora eccolo completamente in balia delle cure.
Prese il primo flacone di lubrificante che trovò nella stanza spalmandone un po’ sulle dita per poi penetrare Nathan con quest’ultime.
Voleva farlo suo, prenderlo completamente, desiderava entrare in quella piccola e stretta fessura che in quel memento era la cosa più allettante che avesse di fronte e resistergli gli era praticamente impossibile.
Quell’attesa l’aveva quasi massacrato, ma doveva attendere ancora un altro po’, voleva che fosse un’esperienza piacevole, che non avrebbe mai dimenticato, nemmeno quando il suo problema si sarebbe ripresentato, ma per farlo doveva lubrificarlo per bene, rendere quell’entrata scivolosa in modo che la penetrazione non gli provocasse dolore, ma una sensazione di benessere totale.
«Ah!» Duke si fermo quando sentì quel forte sussulto causato dalla lieve pressione delle sue dita «Ah...»
“Forse non è una buona idea.” No, non poteva fermarsi non quando Nathan era lì di fronte a lui pronto ad accoglierlo completamente. “Scusami.”
«Sarò gentile.» Pronunciò quella frase con un tono caldo e vellutato sperando che potesse farlo scioglierlo lentamente «Nathan, rilassati.»

Quella voce aveva un suono talmente delicato da avere la capacità di riscaldare anche il corpo più insensibile del mondo.
Si sentiva completamente in potere di Duke che gli stava facendo provare tutte le emozioni e sensazioni che in quegli anni gli erano mancate.
La penetrazione non era dolorosa come aveva immaginato, era stato più fastidiosa che altro, anche visto lo spessore di quell’erezione in confronto a quella stretta entrata.
Quella sensazione andava man a mano ad alleviarsi lasciando spazio a quel piacere sovrumano che prese il sopravvento su tutto il resto. Per lui ormai esistevano solo quel piacere e quella sensazione di estasi totale che non solo perverse il suo corpo, ma catturò la sua anima imprigionandola in quell’attimo di passione.


La piacevole sensazione di quella leggera e gradevole brezza che scompigliava con delicatezza quei capelli era meravigliosa. In quell’istante si rese conto di quanto gli fosse mancata, satire quel soffice soffio sulla pelle fece risvegliare in lui qualcosa che era rimasto assopito per troppo tempo.
Non sarebbe riuscito a rinunciare a tutto quello, sarebbe stato difficile per lui, era certo che dopo quel giorno avrebbe bramato ancora di più quelle sensazioni, ma una cosa era certa si sarebbe ricordato di quel giorno per tutta la vita.

Non poté resistere alla tentazione di abbracciare quel magnifico poliziotto, per una vita intera l’aveva desiderato e adesso che aveva assaggiato quella prelibatezza, non voleva perderlo e non l’avrebbe lasciato andare via, lo voleva tenere stretto a se per il resto della propria vita.
«Nathan non dimenticarti mai di questo giorno» Si perse nella profondità di quello sguardo che in quel momento trovava a dir poco attraente «Non dimenticare mai il mio tocco»
«Non potrei mai»
Duke avvicinò le proprie labbra a quelle perfette e meravigliose dell’altro, la più grossa ed enorme tentazione del mondo, era lì e voleva coglierla prima che quell’opportunità potesse svanire, per non sapeva quanto tempo.
Voleva imprimere la sua impronta di quella bocca così che niente e nessuno potesse cancellarla, nemmeno la maledizione di Nathan.

giovedì 8 gennaio 2015

In the closet

Titolo: In the closet
Prompt: Atobe Keigo/Tezuka Kunimitsu 'Conosco tutti i tuoi punti deboli, Tezuka. Anche quelli più intimi'
Fandom: Prince of tennis
Parole: 3640wps office
Nota: La storia è ambientata nel sequel di prince of tennis, ovvero Shin tennis no ouji-sama/Prince of tennis II.

Certi giorni Tezuka non poteva fare a meno di chiedersi com’era potuto iniziare tutto quello fra lui e Atobe.
Se fino a qualche mese prima una qualsiasi persona avesse solo accennato alla cosa, avrebbe riso loro in faccia non immaginandosi minimamente le strane pieghe che avrebbe preso quel loro rapporto, forse perché l’aveva sempre visto come un rivale da battere e non come un amante.
Era successo alla fine, stavano assieme, anche se non riusciva a vederlo ancora come un fidanzato,  non riusciva nemmeno lui definire cosa ci fosse, sapeva solo che da quando erano stati invitati al campo degli U17, si erano avvicinato in una maniera inaspettata.

«Atobe ti prego non insistere.» Era inutile cercare di scansarlo, su certe cose era irremovibile e quando voleva farlo niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo. «Potrebbero scoprirci.»
Come poteva essersi fatto convincere ad entrare in quello sgabuzzino? Quando Atobe l’aveva afferrato per un braccio portandolo in quella stanza, dove erano conservati tutti gli attrezzi che erano soliti usare quotidianamente nei loro stressanti allenamenti, avrebbe voluto scappare via, andarsene il più lontano possibile, ma l’altro aveva una presa che non gli lasciava scampo.
Era un luogo appartato, molto lontano dai dormitori, ma nonostante questo era rischioso, se nei dintorni fosse passato un loro compagno, uno dei membri degli U17 o peggio ancora uno degli allenatori, e se li avessero visti intenti a scambiarsi quelle effusioni, non solo si sarebbero cacciati sul serio nei guai, ma avrebbero dovuto abbandonare il campo e rinunciare alle loro agognate carriere professionistiche.
«Il rischio forse non lo rende più eccitante?» Il tono con cui aveva posto quella domanda era estremamente sensuale e il suo respiro bollente.
Non sopportava quella voce per via delle sfumature che Atobe riusciva a dare in quei momenti, aveva un che di eccitante e provocante.
Quei suoni erano praticamente in grado di fargli andare in fiamme le orecchie talmente questi ultimi fossero scottanti.
«No, non è per niente eccitante!» Cercava ancora di scansarlo ma la tenacia dell’altro era enorme e sapeva che se non l’avesse fermato i problemi ai quali sarebbero andati in contro erano enormi e non poteva dire addio al Tennis, non quando aveva faticato così tanto per arrivare fino a quel punto. Non voleva che tutti i suoi sforzi svanissero in un istante, non se poteva evitare tutto quello rifiutandolo.
«Oh, davvero?» domandò sussurrando nuovamente nell’orecchio di Tezuka con fare provocatorio «A me invece eccitante tantissimo, Tezuka.»
Doveva fermalo prima che fosse troppo tardi, ma non poteva non ammettere che dentro di lui, in un minuscolo angolo del suo corpo, desiderava compiere quella trasgressione, dimenticarsi del luogo in cui si trovavano e concedersi completamente alle cure di Atobe e fare l’amore con lui in quello sgabuzzino, ma la sua parte razionale e consapevole dei rischi era contraria a tutto ciò. Potevano benissimo aspettare di avere qualche giorno libero e andare da qualche altra parte, come aveva già fatto tempo prima, sarebbe stato molto più sicuro e avrebbero corso meno rischi, ma al rivale la cosa non sembrava interessare affatto.

«Aspetta!»
«Non posso.» Non era in grado di aspettare oltre, ormai era sul punto di esplodere.
Era da troppi giorni che non stava con Tezuka, settimane forse, e ormai aveva raggiunto il proprio limite.
Dopo tutti quegli estenuanti allenamenti erano talmente stanchi da non avere quasi energie per potersi divertire, quindi era ovvio che appena avuto quel poco tempo libero avrebbe colto l’occasione per stare assieme a quel ragazzo che desiderava con ogni suo poro.
Non avrebbe mai immaginato di poter provare un così forte desiderio per un ragazzo, non che prima fosse stato attratto dalle sue compagne, era solo che adorava essere circondato dalle sue fan. Alla Hyotei era davvero popolare e per chi come lui adorava essere al centro delle attenzioni, le premure di quelle ragazze di certo non gli erano mai dispiaciute, ma era sempre stato troppo preso dal tennis per poter seriamente accorgersi di loro, però da quando aveva conosciuto Tezuka le cose erano cambiate radicalmente e man mano quel ragazzo stava riempiendo il suo cuore facendogli provare emozioni che in passato gli erano sempre mancate. Lo amava e quel sentimento cresceva ogni istante di più.
Sapeva che anche il rivale provava qualcosa per lui, perché era certo che in caso contrario l’avrebbe respinto fin dal primo istante, ma non era stato affatto così.
Il primo bacio, non sarebbe mai stato in grado di dimenticarlo, le loro labbra così vicine che si erano richiamate, le mani di Tezuka fra i suoi capelli e quella passione così intensa e travolgente che li aveva portati fino al punto di non poter fare più a meno l’uno dell’altro.
All’inizio gli era sembrato del tutto impossibile che l’avesse ricambiato, ma aveva subito capito quanto fosse attratto da lui e ogni volta che stavano assieme faceva leva sul desiderio dell’altro.
«Ti voglio» Sussurrò nuovamente al suo orecchio con quel tono caldo e seducente che tanto piaceva al rivale.
Sapeva che non era in grado di resistere alla sua voce, e adorava fargli perdere il controllo in quel modo.
«No… Atobe, non possiamo.»
Non poteva non ammetterlo, certe volte far eccitare Tezuka era una delle sfide più difficili nei quali si fosse imbattuto, molto più dura di certe eterne partite a tennis che aveva disputato, una delle quali proprio contro quel ragazzo.
Sapeva che in fondo lo desiderava, quegli occhi non erano in grado di nascondere quel desiderio, infatti, quando incrociava il suo sguardo con quello dell’altro sembrava dire “Ti voglio”. Sapeva che quell’ostilità fosse dovuta al suo carattere che non si lasciava piegare da nulla, nemmeno nei momenti più ostici. Ancora ricordava quando aveva giocato contro di lui con la spalla infortunata, era rimasto così colpito da quel ragazzo da essere rimasto attratto dalla sua forza, non aveva mai conosciuto nessuno con una passione così enorme per il Tennis, tanto da spingersi oltre i propri limiti.
Atobe adorava far crollare quello spirito, plasmarlo con le proprie mani per renderlo completamente suo.
«Conosco tutti i tuoi punti deboli, Tezuka. Anche quelli più intimi» Stuzzicò l’orecchio di quel ragazzo con i propri denti giocando con il suo lobo, per poi sussurrare nuovamente all’interno del canale udito del rivale «non riuscirai a resistermi.»
Desiderava quello stupendo e forte ragazzo più di ogni altra cosa al mondo.
Voleva vedere il suo bellissimo fisico per gustarlo fino in fondo ed immergersi in esso per sentire quel calore che solo quel corpo riusciva a dargli.
Quella tuta era d’impiccio per il suo piacevole piano, così non poté resistere alla tentazione di abbassare lentamente quel pantalone, ma nonostante sentisse ancora un po’ di ostilità negli atteggiamenti di Tezuka, quest’ultimo stava già iniziando a sciogliersi fra le sue abili mani.
Doveva attendere solamente un altro po’ tempo e finalmente avrebbe potuto averlo.
Una parte di lui desiderava prenderlo lì in quel momento, farsi guidare da quell’istinto che gridava “Spoglialo” “Non aspettare oltre” “Fallo tuo! Ora!”.
Non era affatto facile resistere a quella tentazione, ma doveva frenarsi, non voleva usare la forza, desiderava che quello fosse un momento piacevole per entrambi e la fretta di certo non avrebbe aiutato l’altro. In fondo preferiva fare le cose con calma, perché trovava molto più appagante sedurlo che prenderlo con la forza e si sarebbe impegnato con tutto se stesso per farlo cadere fra le sue braccia.
«No! Fermati!»
«Lasciati andare»
Mentre sfilava la tuta di Tezuka non poteva non pensare all’istante in cui avrebbe visto il bellissimo corpo del compagno. Ogni volta che posava lo sguardo su una tale meraviglia ne rimaneva completamente ammaliato, era la cosa più attraente che avesse mai visto e non se ne sarebbe mai stancato.
Buttò gli indumenti dell’altro per terra in preda da quell’istinto irrefrenabile, non poté resistere alla tentazione di baciarlo, iniziando da quell’invitante collo, che ormai non era più nascosto quel colletto.
Doveva ammetterlo quella era una delle sue parti preferite, oltre ad essere una delle sue zone più sensibili del rival. La pelle in quel punto era così morbida e richiamava le sue labbra come se fosse una calamita che attirava a se il ferro.
«Atobe basta! Se qualcuno ci scopre…»
In fondo sapeva che aveva ragione, essere scoperti da qualcuno avrebbe implicato grossi problemi, ma quel rischio rendeva il tutto più elettrizzante e la paura di essere scoperti faceva crescere in lui una grossa scarica di adrenalina, sensazione che provava solo durate le più ardue partite di tennis. Non si sarebbe fermato, non gli importava se non avrebbe più potuto giocare, avrebbe rinunciato a tutto per quel ragazzo, ormai era diventato la cosa più importante del mondo.

«Atobe…» Voleva respingerlo, ma non aveva quasi più la forza di resistergli. «basta…»
“Perché va a finire sempre così?” si chiese il ragazzo fra se e se “perché non sono in grado resistergli?”
La sua parte razionale, quella che era consapevole dei rischi cui stessero andando incontro, stava lentamente svanendo e la cosa non poteva succedere. Voleva fermarlo, ma ormai quell’eccitazione che prorompente s’impadroniva del suo corpo non lasciandogli il ben che minimo scampo. Quel piacere ormai stava prendendo il sopravvento sulla sua lucidità.
«Ah…» gemette Tezuka.

“Sì” Quel suono, quel meraviglioso e dolce gemito, così caldo e sensuale, era il primo segno del suo completo cedimento.
Solo lui era in grado di dargli tutto ciò, era l’unico che potesse fargli provare quelle sensazioni di completa beatitudine che gli pervadevano il corpo, facendolo annegare sprofondare in un piacere indescrivibile.
Non poteva non essere orgoglioso delle proprie capacità.
«Sei fantastico.» Incominciò a spostare le labbra verso quel fantastico petto, non si limitò solo a baciarle quei pettorali, no, lui li stava letteralmente divorando con quella bocca.
Non riusciva a fare a meno di assaporare quella superficie liscia e dal squisito ed eccitante sapore che tanto adorava.
Finalmente raggiunse uno dei suoi capezzoli, non poteva credere che fosse già così duro, era eccitato e la cosa significa solo che ormai fosse sul punto di raggiungere il suo scopo.
Non gli bastava, non ancora, voleva gustare un altro po’ quel fantastico corpo.
Incominciò a stuzzicarlo con i propri denti, giocando con estremo piacere con quella piccolissima sporgenza, quella era un’altra parte parecchio sensibile e lo confermavano tutti i continui gemiti di Tezuka che non era in grado di a trattenere.
Altra zona che adorava era il perfetto e tonico addome di Tezuka, non riusciva mai a staccare le sue labbra da quel corpo. Non aveva mai amato così tanto dei muscoli quanto quelli del rivale, n’era affascinato, completamente ammaliato, come se questi ultimi avessero uno strano effetto afrodisiaco capace di fargli perdere completamente la ragione.
« Non… .A…to…be… fermo.»
Non poteva credere che l’altro opponesse ancora tutta quella resistenza.
Come poteva avere ancora tutte quelle energie? Era certo che ormai non fosse più in grado di resistergli, ma a quanto pare era più forte di quello che avesse immaginato, l’aveva sottovalutato.
In fondo la cosa non è gli dispiacesse, perché era proprio quel suo non arrendersi che l’aveva colpito fin dal primo istante e quando era così ostile durante i loro momenti intimi la voglia di sottomettere una così forte creatura aumentava.
Non importava quanta resistenza facesse, sarebbe sempre riuscito a piegare Tezuka.
“Quanto ancora sei in grado di resistermi?” si chiese fra se e se pensando all’instante in cui finalmente il rivale sarebbe caduto ai suoi piedi.

Atobe era capace di fargli perdere completamente il controllo, aveva qualche capacità che permetteva di annullare ogni sua difesa impedendogli di fare qualsiasi altra cosa se non perdesi in preda a quel piacere crescente che s’impadroniva di ogni particella del suo corpo facendolo cadere in un baratro oscuro e profondo.
“Perché” si chiese il ragazzo “Perché non riesco a resistergli?”
Ormai era limite, il suo corpo ormai desiderava il rivale ma non poteva cedere, aveva troppa paura di essere scoperto e di dover per sempre rinunciare al suo più grande sogno.
«Fer… ah…»

Ormai per l’altro non c’era scampo, sentiva che non era più in grado di opporgli resistenza, sentiva il suo corpo richiamarlo, sembrava quasi che dicesse “Prendimi” “Fammi tuo” “Fa di me quel che vuoi.”
Aveva notato quell’erezione che i pantaloni di quella tuta che, nonostante fossero abbastanza larghi, non riuscivano a nascondere.
La tentazione in quel momento fu troppa e non riuscì a resistere, abbassò in fretta e furia quei calzoni assieme ai suoi boxer.
Voleva avere il completo controllo sul corpo di Tezuka e quello era senza dubbio il modo migliore per ottenerlo.

Aveva capito quali fossero le intenzioni dell’altro, non poteva dargliela vinta, non quando in gioco ci fossero le loro carriere, il tennis doveva essere la più importante fra tutte e non avrebbe mai permesso a nessuno di buttare all’aria tutto il duro lavoro e sacrifici ai quali s’erano sottoposti, per questo doveva rifiutarlo e dirgli un “NO!” secco, ma quella parte razionale ormai non era più in grado di contrastare quelle attenzioni di Atobe e più quest’ultimo insisteva più il suo corpo si lasciava dominare da quel ragazzo, però cercò di aggrapparsi al minuscolo frammento di lucidità, sperando che potesse bastare per fermare il rivale.
«Fermati.» Nonostante in cuor suo sapeva che fosse inutile, ormai era eccitato e quel rigonfiamento delle due parti intime non mascherava quel su stato «Oh… Atobe… no! Fer…»
«Vedrai, ti piacerà.»
«ah… nhn … Ato…be» gemette il ragazzo quando sentì la lingua dell’altro sfiorare la propria erezione.
Non era più in grado di resistere, ormai era completamente in balia di quel crescente piacere che lentamente aveva oscurato tutti i propri sensi, sopratutto quando quelle labbra così calde e umide vennero a contatto con la sua erezione, era una delle sensazioni più incredibile che l’altro era in grado di fargli provare con quei baci che lo tormentavano.
Quel ragazzo era capace di fargli provare un tale piacere soltanto sfiorandolo in quel modo, riusciva in qualche a capire ciò che il suo corpo desiderava e stuzzicava con quella bocca ogni angolo per farlo letteralmente impazzire, poi quando iniziava a succhiarlo, provava una sensazione di benessere così intensa che gli pervadeva completamente il corpo e quando alla fine raggiungeva l’orgasmo sentiva come un’esplosione che dalle sue parti basse si espandeva per tutto il corpo facendogli provare una sensazione di estasi totale.

«Atobe…» pronunciò quel nome con un tono basso e caldo«Atobe! Ah…nha… nn»
Non poteva fare al meno di adorarle tutto quello, quando pronunciava il suo nome con quel tono così bollente aveva qualcosa di così sensuale, dio quanto lo amava, sarebbe stato per ore ad ascoltare quella voce chiamarlo e pronunciare tutti quei versi, avevano un suono unico, una melodia che nessun altro avrebbe potuto eguagliare.
Tutto quello gli faceva capire quanto in realtà l’altro lo desiderasse, gli stava entrando dentro lasciando una firma indelebile che niente e nessuno avrebbe potuto cancellare.
«Sto venendo.»

Non gli sarebbe mai bastato semplicemente farlo venire con la bocca, non che in fondo la cosa gli dispiacesse, ma Tezuka non doveva essere il solo a godere, anche lui voleva la sua dose di piacere e finché non avrebbe soddisfatto quella voglia, che si riversava tutta nelle sue zone basse, non si sarebbe sentito appagato.
L’erezione gli sfregava contro i propri Boxer, era così duro da sentirlo come una roccia. Era arrivato al suo limite, doveva farlo completamente suo.
«Io ti voglio. E tu Tezuka, mi vuoi?» Pose quella domanda con usando lo stesso tono cui l’altro non riusciva mai a resistere.

Come faceva Atobe ad assumere toni del genere? Era solo una voce, ma quel ragazzo riusciva a modellarla in una maniera così sensuale, gli sembrava quasi impossibile una cosa del genere, ma doveva ammetterlo era uno dei suoni più meravigliosi che avesse mai sentito.
Di quali altre cose sarebbe stato capace? Quante volte se l’era chiesto, ma mai era riuscito a darsi una risposta. Rimaneva sempre in qualche modo ammaliato dai quei modi di fare del rivale,  era capace di fargli provare ogni volta sensazione così intense e profonde da fargli perdere completamente il controllo di qualsiasi situazione, com’era accaduto anche quel giorno.
«Sì.» Alzò il volto verso gli occhi dell’altro, rimase a dir poco incanto da quelle chiare iridi dal colore così cristallino, li aveva già incrociati, ma quella era la prima volta che aveva notato quanto fosse meraviglioso quell’azzurro così intenso e profondo, aveva qualcosa di penetrante.

Atobe ricambiò quello sguardo iniziando a perdersi anch’esso negli occhi del rivale, erano così lucidi, li trovava a dir poco meravigliosi, così scintillanti da sembrare quasi come delle pietre preziose incastonate su quel volto a dir poco perfetto.
Si avvicinò all’altro sempre di più, fino a raggiungere con le proprie labbra quelle di Tezuka che in quell’istante sembrano richiamarle e le parlavano dicendo “Baciami!”, quella era una lingua che solo lui riusciva a capire.
Non poté resistere a quel richiamo.

Le loro labbra erano come magnetizzate, si attiravano, desideravano, erano diventate una cosa sola, come se fossero state incollate con la più potente colla che fosse mai stata creata.
Nessuno dei due aveva la forza necessaria per interrompere quel meraviglioso bacio, che, se ne avessero avuto la possibilità, avrebbero continuato in eterno.
I due tennisti ormai non riuscivano più a controllarsi, erano spinti da quel desiderio che provano l’uno per l’altro, quella voglia irrefrenabile che aveva posseduto le loro menti. Assecondavano i reciproci movimenti e in preda a quella passione crescente si spinsero entrambi verso il pavimento.
Volevano diventare un tutt’uno col corpo dell’altro, donarsi piacere reciproco, fare l’amore senza pensare a null’altro se non al ragazzo che avevano di fronte.

Atobe gettò a terra i propri vestiti, non poteva fare al meno della cosa perché lui adorava sentire il contatto della pelle dell’altro, era sempre così bollente, caldo, era un tepore che nessun altro aveva, solamente Tezuka era capace di riscaldarlo in quel modo.
Quelle sue grandi mani poi, quando iniziavano a muoversi sulla propria schiena, avvertiva dei brividi di piacere che gli si espandevano per tutto il corpo.

Tezuka avvertì le dita piene di lubrificante dell’altro incominciare ad entrare nel suo ano, ormai si era abituato a quell’intrusione. Ancora ricordava l’atroce dolore sentito le prime volte, sensazione che con il tempo s’era affievolita facendo spazio ad un intenso piacere che cominciava nell’istante in cui l’altro iniziava a stimolargli la prostata.

“Adesso dovrebbe essere pronto.” avvicinò le sue labbra all’orecchio del ragazzo disteso sotto di se.
«Rilassati» sussurrò delicatamente con un tono melodico da sembrare quasi una dolce canzone d’amore «sto per entrare.»
Con una lieve pressione finalmente riuscì a penetrarlo.
Era in estati, quando entrava in quella piccola, strettissima e bollente fessura, si sentiva in paradiso, amava troppo quel di tepore che provava quando spingeva all’interno di quel corpo, e più sprofondava più quella sensazione lo riscaldava, era più caldo di una coperta, più riscaldate del fuoco, più bollente dell’acqua calda. Era un calore unico che provava che provava solo quando si univa a Tezuka.
“Sto per venire, non ci voleva” Voleva resistere, prolungare ancora quell’unione, ma ormai era limite e non riuscì a trattenersi nonostante stesse cercando di frenarsi.
Quando stava con lui non riusciva a controllarsi e ogni volta gli sembrava di venire tropo presto. “Dannazione!”

Tezuka non riusciva a credere a quello che aveva appena fatto, come aveva potuto fare l’amore con Atobe in quel ripostiglio? Con che coraggio aveva potuto fare una cosa simile? Cedere in quel modo alle avance dell’altro, una cosa del genere non doveva accadere di nuovo e se li avrebbero scoperti? No, non poteva buttare tutto all’aria per un capriccio del rivale.
«Ti è piaciuto?» domandò sussurrando all’orecchio di Tezuka
«No!»
Era inutile che lo negasse, gli era piaciuto eccome, ormai quel ragazzo era come un grosso ed enorme libro aperto di cui le pagine si leggevano con facilità incredibile.
Non riuscì a resistere alla tentazione di stringerlo se abbracciandolo più forte che potesse. Voleva sentire di nuovo il calore di quel corpo del corpo del ragazzo di cui era innamorato.
«Lasciami.» cercava di scansarlo, ma la presa dell’altro era ben salda,
«No.» Avvicinò il volto a quello del rivale incrociando di nuovo il suo sguardo con quei magnifici occhi. «Ti amo.»
Il volto dell’altro improvvisamente si colorò di uno stupendo colore rossastro che Atobe non poté fare al meno di adorare.
Non avrebbe mai amato nessun altro, Tezuka era l’unica persona che avrebbe potuto avere il controllo del suo cuore e ormai aspettava solo il giorno in cui anche quest’ultimo pronunciasse “Ti amo.”